26 ottobre 2017

A seguito della puntata di lunedì 23 ottobre di Report “Cioccolato amaro” che abbiamo trovato interessante e molto utile, amici e clienti ci scrivono. In queste righe troverete qualche considerazione dal nostro punto di vista.

Coop. Quetzal e il cacao utilizzato. Acquistiamo massa di cacao dalla ICAM, che è il più grosso contoterzista italiano di cacao, cioè compra semi di cacao e vende in Italia semilavorati con linee diverse che garantiscono cacao "normale", cacao equo solidale, cacao biologico, cacao equosolidale e bio (quest’ultimo è quello che acquistiamo).

La ICAM sul cacao bio e fair trade si rifornisce da due organizzazioni equosolidali, una a Santo Domingo e una in Ecuador, non da cooperative africane.

La prima, Cooperativa CONACADO, la conosciamo bene per avere anche invitato a Modica dei suoi rappresentanti e averli seguiti per anni (tramite Altromercato di cui siamo soci e fornitori: eravamo presenti con un nostro rappresentante, l’antropologa Sara Ongaro, nel Comitato Progetti composto da persone non dipendenti di Altromercato, che si occupa delle valutazioni etiche dei produttori).

L'organizzazione dell'Ecuador è MCCH, storico soggetto di commercio equo e solidale ecuadoriano che produce anche molti altri prodotti e che è parte del sistema WFTO (World Fair Trade Organization, l'organizzazione mondiale del commercio equo solidale).

L’ultima fornitura ecuadoriana viene da un'altra cooperativa, essendo ICAM stato costretto per una non conformità sul biologico ad acquistare da altro produttore.

Ci accertiamo sempre insomma che dietro il marchio ci sia qualcosa di più!

Coop. Quetzal e le problematiche della produzione e mercato del cacao. Sulla questione cacao la Cooperativa ha sempre lavorato intensamente per informare sulla condizione estremamente problematica della produzione di cacao in Costa d'Avorio, dove si evidenziano le situazioni più critiche di lavoro minorile schiavo, anche in centinaia di classi e con tantissimi incontri in tutta Italia. Ha anche scritto un libro nel 2006 ("Pane e cioccolato") denunciando le cose che Report ha detto nel 2017, ma anche diffondendo i due documentari di Miki Mistratis, giornalista greco-danese, che sono scaricabili da sempre dal nostro sito "The dark side chocolate" e "Shady chocolate".

Infine, con l’intenzione di fare anche un passo concreto, abbiamo partecipato ad un progetto europeo Youth in Action nel 2013 facendo formazione sul commercio equo e sul cioccolato a ragazzi italiani, della Repubblica ceca, ma soprattutto ivoriani e togolesi, figli di produttori di cacao, che oggi hanno creato cooperative nei loro paesi nelle quali fanno cioccolato, cosa che, pur essendo produttori di cacao, non avevano mai fatto...

Le nostre prime fave di cacao stanno arrivando dalla Colombia! A fine novembre dovrebbe poi arrivare a Modica, grazie al contributo di Altromercato che seguirà l'importazione, il primo carico di fave di cacao importate dalla Colombia, dalla Comunidad de Paz di San José de Apartadò, un progetto che stiamo seguendo da due anni e del quale abbiamo ospitato a dicembre due rappresentanti che hanno tenuto un incontro pubblico a Modica e in due scuole della provincia per raccontare non solo della coltivazione del cacao, ma della loro coraggiosa esperienza di resistenza popolare nonviolenta lunga 20 anni dentro il violentissimo conflitto militare colombiano.

Questo è proprio in tutto un progetto di commercio equo e solidale importantissimo da sostenere per la vita delle 170 famiglie che di quello vivono!!

Abbiamo contribuito due anni fa a una raccolta fondi di 22.000€ per adeguare gli strumenti che avevano, distrutti in grande misura dai paramilitari, e migliorare la fermentazione delle fave di cacao. E anche noi inizieremo ad avere massa di cacao senza passare dall'industria che non è mai stato il nostro ideale. In parte le fave verranno lavorate da un medio trasformatore italiano e in parte lo saranno a Modica appoggiandoci ad altri cioccolatieri che hanno parti del processo di lavorazione per piccoli quantitativi.

La pazzia dell’avventura del cioccolato dalle fave di cacao. Lavorare le fave a Modica è sempre stato il nostro obiettivo da 10 anni, ma con le nostre dimensioni e le problematiche incontrate negli ultimi anni, ci è stato finora impossibile. Ci stiamo arrivando adesso.

È una scelta un po’ da folli (come anche la scelta antieconomica di confezionare a mano le barrette per dare lavoro a più persone e… fare una confezione bella che in molti ci copiano), non solo per l'investimento nei macchinari di lavorazione, ma soprattutto perché comporta avere notevoli capitali da anticipare ai produttori dai quali acquistare ed importare in ragione di tonnellate, avere magazzini di stoccaggio controllati, riuscire a fare tutte le analisi necessarie (di solito i grandi importatori hanno un laboratorio analisi interno).

Lo si fa evidentemente per la ricchezza della relazione diretta con il produttore, il piacere di un prodotto interamente artigianale e non standardizzato, la crescita professionale implicita e necessaria, un maggiore richiamo alla tradizione modicana, nonostante si otterrebbe una massa di cacao ben più costosa di qualsiasi massa di cacao industriale.

Commercio equo e solidale di organizzazione o di marchio. Rispetto al commercio equo e solidale, noi a Modica siamo gli unici aderenti ad Equo Garantito, l'organizzazione italiana del commercio equosolidale che permette di definirsi tali e che annualmente ci fa le verifiche in merito ai criteri stabiliti nazionalmente come necessari per definirsi di commercio equo e solidale. Solo chi ne fa parte ha dei prodotti definiti “equosolidali” a seguito di rigorosi controlli sulle fatture di materie prime in entrata e fatture di prodotto finito in uscita e, non ultimo, del controllo su tutta la filiera.

In Italia si può definire “di commercio equo e solidale” il prodotto fatto o venduto da un'organizzazione che è parte di un sistema che certifica tutta la vita dell’organizzazione che lo produce come aderente ai principi del commercio equo (che riguardano la gestione interna, la trasparenza, i diritti dei lavoratori, la formazione e l’informazione che si è tenuti a fare).

I prodotti marchiati fair trade esistono anche in Italia, ma presentano le problematiche di valutazione e certificazione ben evidenziate da Report e che abbiamo sempre denunciato.

Il marchio (come Fair Trade, Rain Forest Allliace e UTZ che Report cita) garantisce che un prodotto è fatto usando materie prime provenienti da produttori che si comportano secondo le regole del marchio stesso, ma non impedisce a chi ottiene il marchio per un prodotto di fare altri prodotti con logiche assolutamente lontane dai principi del marchio. Per questo Equo Garantito, che rappresenta il commercio equo e solidale in Italia, dice che la logica dei marchi rischia di servire per le operazioni di marketing di soggetti molto grandi (commercianti, trasformatori o produttori che siano) e non a cambiare un sistema economico basato sull’ingiustizia.

La cioccolata di Modica. La puntata di Report, rispetto al cioccolato di Modica, per noi rappresenta un importante stimolo su due punti fondamentali: lavorare di più sull’artigianalità del prodotto e controllare maggiormente la filiera (in termini di qualità delle materie prime e dei processi di lavorazione), cose che purtroppo il disciplinare IGP, per come è adesso, non solo non contempla, ma sembra proprio puntare nella direzione opposta (rivolgersi a mercati grandi significa fare un prodotto sempre più industriale, non vi si trovano accenni alla qualità delle materie prime).

A Modica la cioccolata si è sempre fatta in casa ben prima che, negli anni ’90, l’intelligente operazione di marketing di Dolceria Bonajuto la rendesse nota come “prodotto da pasticceria”.

Anche in tempi di pasta amara industriale (dagli anni ‘50 ai ‘90), crediamo che in nessun altro posto oltre a Modica, le donne di casa andassero in pasticceria a comprare la massa di cacao per preparare nelle loro cucine il cioccolato. O ancora che non esistesse altrove la consuetudine, per uomini e donne molto poveri, di lavorare in casa la pasta amara di cacao, acquistata in pasticceria, per vendere poi porta a porta le barrette così prodotte, come testimoniato da documentazione video e orale.

Quindi che la cioccolata sia un patrimonio della città, nelle sue varie componenti sociali, è innegabile. Non in esclusiva mondiale certo, ma insieme alle comunità indigene di Messico e Guatemala che ovviamente non lo chiameranno mai “cioccolato di Modica” perché è semplicemente “il loro cioccolato”, fatto oggi nello stesso modo di quello di Modica.

Che poi non piaccia o non sia apprezzato come i cioccolati concati e raffinati, venuti dopo, che sono più complicati e richiedono conoscenze diverse e processi complessi (come per l'estrazione del burro, per esempio), è assolutamente lecito!

Fatto sta che oggi da moltissimi consumatori viene proprio apprezzato perché è semplice, non è raffinato, non è lavorato ad alte temperature, è meno grasso, non contiene lattosio né lecitina di soia.

A ciascuno, comunque, il cioccolato che preferisce!!!