Cioccolato secondo tradizione: storia, origini e ricetta

Il cibo degli dèi: dall’America centrale alla Sicilia grazie agli spagnoli

Il famoso cioccolato siciliano che si produce a nella nostra città è oggi in Europa pressoché l’unico testimone della tradizione originaria, di chi scoprì la trasformazione del cacao 3.000 anni fa nelle foreste equatoriali del Centro America. Oggi è un prodotto tipico della città siciliana, in particolare nelle classiche aromatizzazioni alla vaniglia e alla cannella.

Qui a Modica per secoli, a partire dal 1600, è rimasto un prodotto casalingo, che, prima le famiglie nobili ed alto borghesi e poi la popolazione che man mano accedeva a consumi più raffinati, usava preparare per Natale, senza burro di cacao aggiunto (perché in casa è impossibile estrarlo artigianalmente dalla massa di cacao) e solo con i cristalli di zucchero di uso comune che si sentono ancora degustando la barretta e non quelli resi impalpabili da lavorazioni più complesse.

Nel resto dell'Europa invece la cioccolata andò raffinandosi sempre più nelle cucine delle corti e dei monasteri che potevano dedicare energie, competenze e investimenti adeguati a renderlo sempre più raffinato. Poi, nel ‘700, protagonisti diventarono i nuovi locali alla moda, i caffè, dove venivano consumate tutte le materie prime esotiche e coloniali (il cacao, il caffè, il tè) che gli europei scoprivano nei territori che conquistavano e delle quali diventarono subito grandi consumatori.

La cioccolata era arrivata per la prima volta in Europa dall'America Centrale a metà del 1500, portata in dono da un monaco cistercense al seguito dei conquistadores, all’abate del Monastero de Piedra che si trova fra Saragoza e Madrid.

Venne modificata dagli spagnoli per renderla accettabile al loro gusto: la dolcificarono perché era amarissima come il cacao, tolsero il peperoncino che la rendeva piccante e l’achiote, una spezia rossa, che la rendeva simile a sangue, ma continuarono a consumarla, soprattutto liquida come una bevanda, leggermente addensata da farine (di mais in America, di riso in Spagna, di grano in Sicilia).

Dalla penisola iberica l'uso della cioccolata si diffuse presto in corti e monasteri di tutto il regno di Castilla, del quale nel XVI e XVII secolo facevano parte anche la Sicilia e i Paesi Bassi.

Ma in America, che prima di essere conquistata dagli europei, si chiamava per molte popolazioni che la abitavano Abya Yala, il cacao veniva usato e coltivato da millenni nelle foreste tropicali.

Era così prezioso che veniva considerato un dono divino come racconta la leggenda di Quetzalcoatl. Dagli Aztechi le fave di cacao erano usate come monete e, a causa delle loro proprietà energizzanti e cardio-toniche, erano parte del salario dei soldati.

Il cacao veniva tostato, macinato, sciolto e consumato come una bevanda amarissima e piccante, densa perché mescolata a farina di mais e di colore rosso per l'achiote: così ce la descrivono gli spagnoli nelle Cronache della conquista. Era bevuta soprattutto da nobili e sacerdoti e usata abbondantemente nei culti religiosi, come il vino per i cristiani. Alcuni antropologi ritengono anche che l'impressione degli spagnoli che i templi piramidali fossero coperti dal sangue dei sacrifici umani, fosse errata e che in realtà fossero coperti soprattutto da colate di cacao liquido che appunto era rosso per l'achiote e si rapprendeva restando a lungo sui gradoni del tempio, dopo essere stato versato sugli altari durante il culto.