2 settembre 2019

Forte appello della società civile colombiana (30 organizzazioni indigene, contadine, ambientaliste, di cittadini e cittadine, organizzazioni di donne e decine e decine di singole persone impegnate nelle università e nei territori) per chiedere al gruppo dissidente delle FARC di non riprendere la guerra civile in Colombia, come hanno da poco dichiarato: “Di fronte alla guerra, di nuovo, con fermezza: Non in nostro nome!”

Lanciano non solo un appello, ma una proposta attiva: “una Minga di Mingas (la Minga per le popolazioni andine è il lavoro collettivo di una comunità per raggiungere un obiettivo che porti benefici), come dovere collettivo per la pace, per la ribellione, per la dignitàe per la resistenza, per il superamento di un ordine ingiusto e intollerabile, che ci ispiri a sollevarci, ad organizzarci per trasformare i nostri sforzi in realtà: un Paese di popoli senza padroni. Un Paese in pace. Finalmente, il NOSTRO PAESE.”

Il documento coraggiosamente di fronte al ritorno alle armi di un gruppo delle FARC dichiara: “Comprendiamo e riconosciamo come vere e valide le ragioni, i fatti e le argomentazioni che vi obbligano a pronunciarvi di fronte al mancato compimento e al tradimento dei contenuti dell’accordo di pace da parte del governo e dello Stato colombiano. È ragionevole, dalla vostra prospettiva, la scelta di difendervi attraverso la ricostituzione dell’organizzazione, della resistenza e della lotta armata. Chiunque conosca la Colombia, la sua storia, le sue élite, il suo Stato, il cosiddetto processo di “pace” e il “post-conflitto”, tutte le bugie e le manipolazioni che essi hanno implicato, capisce la razionalità della vostra posizione e le argomentazioni su cui si poggia la vostra decisione. È ragionevole e comprensibile…però è sbagliato!”

Dalla firma degli accordi di pace ad oggi sono stati uccisi centinaia di leader contadini ed indigeni da esercito e soprattutto paramilitari, la coltivazione della coca e il narcotraffico sono ripresi in grande stile, tanto da far dire ai firmatari: “Lo Stato colombiano fomenta, è complice, partecipa ed è beneficiario del narcotraffico. Il narcotraffico è (…) una strategia che struttura l’attuale fase del capitalismo e genera dinamiche di accumulazione, guerra, privazione di territori e guerra contro il narcotraffico. Il narcotraffico e la guerra contro il narcotraffico sono due facce della stessa medaglia. L’obiettivo strategico dello Stato è estendere il più possibile il narcotraffico e la guerra contro di esso, per estendere di conseguenza la privazione, l’espropriazione, lo sfruttamento e i guadagni.”

I movimenti denunciano che “Lo Stato colombiano, e questo governo in particolare, vuole la guerra, ne ha bisogno, la impone, ne beneficia. Già dall’inizio delle negoziazioni, passando per le manipolazioni del referendum di approvazione degli accordi, fino ai giorni nostri (…) e ora vuole disfarsi degli accordi per rendere la guerra più profonda, per giustificarla ed estenderla. Lo Stato colombiano, ancora una volta, e questa volta come non mai, vi ha spinto alla guerra, e sarà l’unico beneficiario di questa scelta.”

Trascinare nella guerra è una strategia: “Lo Stato vuole che voi dichiariate la guerra per espandere il narcotraffico, il reclutamento di chi di esso vive, per esso uccide, con esso guadagna. Mentre alcuni fanno guerra al narcotraffico per arrivare alla guerra totale contro i popoli, altri fanno guerre con pretesti politici per dividersi i guadagni ricavati dal business. Lo sappiamo. L’evidenza dei fatti lo dimostra quotidianamente. Non ce l’hanno raccontato: lo sappiamo, lo stiamo vivendo. Tutto ciò va ad aumentare con la vostra dichiarazione di guerra. Lo Stato la aspetta, la vuole.”

L’appello fa una richiesta forte a non tornare indietro dalle conquiste fatte con gli accordi di pace: “la guerra in Colombia è stata una guerra contro i popoli. Voi lo sapete, lo avete riconosciuto, avete assunto le vostre responsabilità, avete chiesto perdono ad alcune delle vittime”.

Le organizzazioni popolari implorano di non cadere nella trappola: “Vi spingono a dichiararla per approfittarsi di essa. Lo stavano facendo già prima di questa decisione, che offre un pretesto ancora più facile per procedere (…) Il popolo colombiano – che ha vissuto e sofferto la guerra in modo speciale – non vuole la guerra. È la guerra dello Stato, la guerra che vuole e promuove lo Stato contro i popoli, contro la Colombia. Quindi entrare in guerra significa, inevitabilmente, dichiarare guerra al popolo colombiano, di nuovo, anche se non è questa l’intenzione manifestata (…) Il popolo è stanco del fatto che poche persone armate impongano la propria verità e il proprio cammino, eliminandoci, negandoci, ordinandoci, giudicandoci e inserendoci nel teatro della privazione, del terrore, della morte. Rispondere al terrore dello Stato con altrettanto terrore significa negare il popolo.”

La richiesta è di intraprendere invece il cammino di una forte lotta nonviolenta, fondata sul “riconoscimento del diritto alla ribellione, che è di tutti noi; alla legittima difesa, che è di tutti noi; ad organizzarvi per costruire un altro Paese, senza padroni, che sia di tutte e di tutti, non solo di alcuni. È un diritto del popolo, non di una qualche élite, potere o attore armato. La mancanza di rispetto da parte dello Stato a questo nostro diritto sovrano non cambierà con la vostra risposta, che darà loro il pretesto per schiacciarci. Per rispetto al Paese collettivo e senza padroni, non dichiarate la guerra contro di noi in nostro nome! Non vi abbiamo autorizzato, non la vogliamo, non la accettiamo. Vogliamo decidere per noi stesse e noi stessi. Per una volta, ascoltate il popolo!”

Da subito si chiede una tregua immediata e indefinita, durante la quale “vi impegnate ad ascoltare la voce e le decisioni dei movimenti sociali e di tutti gli attori che vogliano organizzarsi in maniera cosciente, per decidere entro il termine di un anno il cammino da intraprendere per sollevarci contro l’establishmented impegnarci ad un cammino consensuale per ottenere la pace in maniera autonoma e dignitosa. La pace dei popoli senza padroni.”

Continuiamo ad accompagnare questo popolo nella resistenza!

http://pueblosencamino.org/?p=7610